giovedì 8 aprile 2010

VIAGGIO FUORI DALLA FACOLTA'



















Non mi va di mangiare un panino, ho lo stomaco vuoto e il ricordo pieno delle abbuffate di queste pur misere vacanze di Pasqua.
Vado via, da solo, a mangiare al 45 giri. Prendo il 271 a Piramide.
Con me salgono tre femmine rom: una avrà 35 anni, forse 40, una 16 e una un anno a stento. La 40enne ha l'aspetto trascurato e lo sguardo disilluso, e i pantaloni bassi tanto che le si vede il culo quando si alza da per terra allorchè il 271 fa capolino da dietro la piramide caio-cestia.
La sedicenne ha uno sguardo e un sorriso bellissimi, sinceri, e discorre con l'altra per tutto il viaggio. In braccio le sta la piccola, immbobile nella tutina a pezzo unico che la copre, ma muove gli occhi innocenti a guardare verso l'alto. Io da seduto che sono dietro loro seguo il suo sguardo e sorrido: sta guardando il frequentatore abituale del 271, attaccato al palo verticale davanti le porte. Quello si dondola leggermente e ogni tanto fa scattare la testa da un lato.
All'insaputa del resto del pullman i due intrattengono un gioco di sguardi, lui le fa dei suoni e delle smorifie e lei sorride, lui è capace di uscire dal suo handicap per regalare un sorriso alla bambina.
Putroppo devo scendere.
Mangio da solo, mi lavo i denti nel bagno, umetto le lenti e torno a prendere l'autobus che stavolta appare nelle forme del 23, Piazzale Clodio.
Non sono ancora salito che noto una scollatura mozzafiato: non abbondante, ma decisamente sexy. Qualcuno parla sopra quel seno: una voce femminile che trasuda sicurezza domanda ad un signore anziano se preferisce sedersi al suo posto, ma lui garbatamente rifiuta. Che bella e brava ragazza penso.
Sto in piedi attaccato ad un palo e non voglio mostrarmi uno di quelli che non avendo niente da fare o pensare durante un viaggio sta tutto il tempo a guardarsi intorno con la testa vuota; ho scordato di portare un libro e allora raccolgo il quotidiano gratutito dalla borsa (esercitando i polpacci a contrastare i movimenti disumani dell'autobus) che apro accidentalmente alla pagina meno culturale di tutte, quella dello sport.
Tuttavia non leggo ma mi perdo nei pensieri, quando mi sveglio lei parla con un ragazzo che prima di allora era occupato al telefono. Sembra che non si conoscano ma che frequentino la stessa facoltà e fanno qualcosa tipo darsi un appuntamento per la settimana successiva davanti ad un tabellone. Il ragazzo è molto impacciato e saluta la ragazza alzando il pollice in segno di OK e annuendo ripetutamente, poi scappando verso le porte quando l'autobus si ferma a Piramide. Lei si sporge dal sedile e gli grida dietro di riferirgli il suo nome, particolare che il ragazzo doveva aver dimenticato di condividere.
Marco! dice lui, poi torna indietro verso le porte posteriori e attraverso il vetro chiede a lei il suo nome, che è Elisabetta. Annuisce ancora e va via, muto.
Elisabetta si ricompone nel sedile e sorride tra sè e sè; forse riflette su come la sua bellezza sia in grado di storidire gli uomini.
Vorrei rubare a Marco il ruolo di protagonista in questa storia di incontri e invece scendo davanti le poste in attesa del 719. Metto il culo sul marmo degli scalini e dopo meno di un minuto incontro una signora bassina abbronzata e biondissima con cui discuto sulla mobilità a Roma e di lì a breve sulle possibilità di lavoro dei giovani in Italia e all'estero.
Scopro che non è abbronzata, bensì straniera ma dipendente di un ministero italiano. Ne sa una più del diavolo, non smette mai di parlare e lo fa con tutta spontaneità. Io ascolto tutto ciò che può essermi utile sapere; fino a quando scendo dall'autobus e attraverso la strada per entrare nella porticina di ingresso alla mia facoltà.

Penso a quanto sia bello incontrasi, e farlo con spontaneità.

venerdì 1 gennaio 2010

TERRONE



Le notti dell'archeologo André Beumont erano tormentate nell'ultimo mese da canti e grida agghiaccianti. Colto da disperazione inviò una lettera a Steven McEllen, amico ed esperto di esoterismi, per richiederne l'aiuto immediato.


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